sabato 6 gennaio 2007

Polonia: memoria e identità

La vicenda dell'Arcivescovo eletto di Varsavia, Monsignor Stanislaw Wielgus, accusato di aver collaborato - a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta - con i servizi segreti della Repubblica Popolare Polacca, apre uno spiraglio sul clima che si respira in un Paese che ancora non riesce a regolare definitivamente i conti con il proprio tragico passato. E' comprensibile lo sgomento che può provare una popolazione a lungo soggetta a una dittatura atea e anticristiana nel venire a sapere che parte del proprio clero, vertici compresi, fino a "pochi" anni prima è stata in qualche modo collusa con quel potere. Il Sommo Pontefice peraltro - come riporta l'articolo cui si riferisce il precedente link - incontrando il clero della città di Varsavia il 25 maggio scorso si è espresso nei seguenti termini in merito ai dossier sul clero collaborazionista:
«Conviene tuttavia guardarsi dalla pretesa di impancarsi con arroganza a giudici delle generazioni precedenti, vissute in altri tempi e in altre circostanze. Occorre umile sincerità per non negare i peccati del passato, e tuttavia non indulgere a facili accuse in assenza di prove reali o ignorando le differenti precomprensioni di allora».
A fronte delle polemiche di questi giorni, oltretutto, c'è anche chi - nonostante alcuni sondaggi dicano che oltre i due terzi dei cattolici polacchi guardi con preoccupazione e sconcerto alla nomina di Mons. Wielgus - ritiene opportuno denunciare la"psicosi della de-comunizzazione", secondo la quale "si può costruire un futuro migliore solo eliminando e purificando ciò che appartiene al passato, dal premier fino al dipendente comunale". Giudizio, questo, che si alimenta anche della constatazione che "negli anni '70 quasi tutti i sacerdoti venivano avvicinati e contattati dai servizi segreti, non ci si poteva rifiutare. Inoltre le informazioni che passava [(Mons. Wielgus, NdR] ai Servizi pare siano del tutto marginali (le dispute personali tra i sacerdoti della curia) e non hanno mai messo a rischio terzi".
Premettendo dunque che "nell'ottica cristiana non c'è l'oblio, c'è il perdono, (...) la scelta di Wielgus, seppur controversa, assume un senso". E' quanto afferma Oscar, giovane cattolico di origine polacca da anni residente in Italia, nel commentare gli sviluppi della vicenda del presule.
Mai come in questa circostanza, probabilmente, le future decisioni della Sede Apostolica rappresenteranno un giudizio chiaro e - in un certo senso - definitivo su una questione che, al di là del caso particolare, di frequente mette in crisi le coscienze di quei cattolici che in passato - e non solo - sono stati duramente perseguitati dal potere politico. Di sicuro, in una nazione in cui è più che mai vivo il ricordo di due "baluardi cattolici" contro il regime comunista come il Cardinale Stefan Wyszynski - Primate di Polonia - e il Papa Giovanni Paolo II (il quale peraltro da Cardinale era meno temuto del Primate dai servizi segreti comunisti, e ritenuto più "docile") non sarà per nulla facile cancellare con un colpo di spugna i risentimenti che ancora covano nei confronti di quanti, negli anni della persecuzione, con quel regime hanno in misura diversa collaborato.

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