martedì 26 dicembre 2006

Dalla Germania alla Cina - All'insegna della continuità



In occasione dell'Angelus odierno, il Santo Padre ha affidato a Maria Vergine tutti quei cristiani perseguitati a motivo della propria fede, esprimendo la propria "vicinanza spirituale" a “quei cattolici che mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze”. Non è stato difficile ai più cogliere nelle parole del Papa un riferimento alla situazione dei cattolici in Cina, dove il contrasto tra la Chiesa "ufficiale" e la Chiesa fedele al Romano Pontefice è sotto gli occhi di tutti. (in proposito cfr. AsiaNews:

Se il discorso pronunciato in occasione della festa di S. Stefano ha tuttavia omesso qualsiasi riferimento esplicito a questo o a quel Paese, è ragionevole supporre che la Santa Sede abbia ritenuto più prudente, al fine di tutelare la posizione - già difficile e compromessa - dei cattolici cinesi, limitarsi a una considerazione di carattere generale, senza per questo sminuire il contenuto profondo del proprio messaggio. Chi doveva intendere, in definitiva, ha inteso.
Questo episodio, che pure vanta innumerevoli precedenti, richiama alla memoria più di ogni altro quel famoso Radiomessaggio natalizio del 1942, nel quale l'allora regnante Pontefice Pio XII, di fronte alla tragedia della guerra in corso, volgeva il suo pensiero "alle centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento." Anche in questo caso, pur nell'assenza di un soggetto precisamente identificato, l'evidenza del riferimento al popolo ebraico e alla "soluzione finale" era cristallina.
E' una costante, nell'ambito della Diplomazia Pontificia, questa prudenza nel denunciare gli errori (e gli orrori) di questo e di quel Paese o Governo. Ai più, tale prudenza potrà sembrare fuori luogo, quando non tacitamente "complice" di quegli errori che si vorrebbe condannare a parole. In molte situazioni, infatti, ci si aspetterebbe che la Santa Sede "alzasse di più la voce". Questo desiderio, d'altra parte, si scontra con alcune constatazioni: innanzitutto la storia mostra tristemente come questa esigenza di "inflessibilità" spesso non venga sentita dalle stesse persone allo stesso modo in circostanze diverse. Così, se Papa Pacelli è stato più volte - anche in tempi recenti - criticato per le proprie parole e per i suoi presunti "silenzi", è molto difficile che quanti ancora oggi danno un giudizio negativo sull'operato di Pio XII si scaglino contro la "prudenza" di Benedetto XVI.
In secondo luogo, all'origine del contegno tenuto dalla Santa Sede nei confronti degli Stati - a prescindere dalla forma di Governo di ognuno di questi - c'è una considerazione, riportata da Pio XII nel sopracitato "Radiomessaggio" del 1942:

"La Chiesa rinnegherebbe se stessa, cessando di essere madre, se si rendesse sorda al grido angoscioso e filiale, che tutte le classi dell'umanità fanno arrivare al suo orecchio. Essa non intende di prender partito per l'una o l'altra delle forme particolari e concrete, con le quali singoli popoli e Stati tendono a risolvere i problemi giganteschi dell'assetto interno e della collaborazione internazionale, quando esse rispettano la legge divina; ma d'altra parte, «colonna e base della verità» (1Tm 3,15) e custode, per volontà di Dio e per missione di Cristo, dell'ordine naturale e soprannaturale, la Chiesa non può rinunziare a proclamare davanti ai suoi figli e davanti all'universo intero le inconcusse fondamentali norme, preservandole da ogni travolgimento, caligine, inquinamento, falsa interpretazione ed errore; tanto più che dalla loro osservanza, e non semplicemente dallo sforzo di una volontà nobile e ardimentosa, dipende la fermezza finale di qualsiasi nuovo ordine nazionale e internazionale, invocato con cocente anelito da tutti i popoli."

(per il testo completo vai al seguente link:

Non occorre discutere, ovviamente, di quanto poco rispettosi della legge divina debbano essere considerati il regime nazionalsocialista, che all'epoca teneva ancora in scacco mezza Europa, e il regime comunista cinese che tuttora soffoca la libertà religiosa dei propri cittadini. Non possono sfuggire, tuttavia, i rischi e le contraddizioni a cui andrebbe incontro la Santa Sede nel momento in cui, venendo meno alla propria tradizionale imparzialità, sposasse la causa di un contendente a scapito di un altro, o denunciasse esplicitamente davanti a tutto il mondo - "con nomi e cognomi" - le violazioni dei diritti fondamentali dell'uomo e dei principi della legge naturale da parte di uno Stato. Il che poi non toglie, come si evince dai due esempi di cui sopra, che la Sede Apostolica dica quello che deve dire, trovando di volta in volta il modo per farsi comprendere da tutti.
Nel 1942 la posta in gioco era "salvare il salvabile", sia per quanto riguarda i cattolici (duramente perseguitati in Germania e nei territori occupati dai nazisti) che per quanto riguarda gli ebrei, la cui condizione non avrebbe certo beneficiato di una condanna esplicita del nazionalsocialismo da parte della Santa Sede. Nel 2006 si tratta di preservare l'incolumità di centinaia di migliaia di cattolici che vivono la propria fede in una sostanziale clandestinità, e di non cancellare del tutto i fili - seppur sottili - del dialogo tra la Santa Sede, il Governo cinese e la Chiesa patriottica.
Così, se è vero che la conoscenza della storia aiuta a capire e a interpretare quanto accade nel presente, in certi casi può anche essere vero il contrario, allorchè un fatto del presente aiuta a illuminare e a chiarire un episodio di un passato talvolta ingiustamente bistrattato.

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